Quaderni mensili del Centro Sperimentale di Cinematografia (1939-1942)
Ad appena cinque mesi dal diploma di maturità classica presso il Liceo Alessandro Manzoni di Milano, Ugo Casiraghi esordisce sulla rivista del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Inaugurato due anni prima sotto la direzione di Luigi Freddi, Bianco e Nero aveva posto le basi per un approccio critico erudito ed elitario, rivendicando “una funzione, in questo settore, di elevazione degli studi cinematografici”[1]. In coerenza con il Centro di cui è diretta espressione, la rivista funge da “scuola” per una nuova leva di critici attivi nei giornali e nei fogli di provincia, le cui frequenti istanze polemiche e appelli al cambiamento della cinematografia nazionale verranno accolte e, al tempo stesso, strategicamente contenute, entro l’orizzonte della cultura cinematografica di Stato. Con le personalità emergenti del giornalismo cinematografico viene applicata la “politica paternalista, tollerante, fatta più di elogi che di rimbrotti”[2] che il regime riservava agli studenti universitari borghesi quali esponenti della futura classe intellettuale del paese.
Dalle corrispondenze di Casiraghi trapela un atteggiamento riverente verso la rivista, che il giovane milanese vede come un rito di iniziazione obbligato per il proprio percorso: alle lunghe, snervanti attese prima di trovare i propri articoli finalmente pubblicati (“B. e N.” col cavolo ch’esce fra una settimana. E’ già passata. Sono piuttosto sbadati il direttore e i redattori di quella rivista” scrive a Viazzi)[3] si alterna l’entusiasmo che accoglie ogni missiva ricevuta (“E’ una grande soddisfazione la lettera di Chiarini”, recita una cartolina indirizzata alla madre)[4]. Sul Chiarini-regista e sui titoli prodotti dal CSC (La Bella Addormentata e Via delle cinque lune, 1942) confida poi all’amico qualche riserva: “Non è molto difficile un giudizio sul Chiarini, a meno che noi non si voglia complicare, quasi per forza, la faccenda [….] Non è freddezza estetica, bensì inesperienza e algidità di osservazione”.[5]
Massima deferenza viene in compenso riservata al Chiarini direttore: dopo il primo articolo A proposito di un film di Duvivier, arrivato in redazione grazie al tramite di Francesco Pasinetti,[6] è soprattutto con lui che Casiraghi intratterrà la corrispondenza per le sue pubblicazioni, nella gran parte dei casi film già trattati in sede di recensione su Il Popolo di Lombardia e qui sottoposti a un’analisi più approfondita. Accade così con Notti Bianche di San Pietroburgo, un’ampia riflessione che parte dal già commentato La tragedia di Jègor (G. Rochal, V. Sroeva, URSS 1937) per esplorare le relazioni fra la letteratura dostojevskiana e il cinema – argomento al quale, come confessa a Chiarini,[7] il giovane critico pensa in un primo momento di dedicare anche la propria tesi di laurea: abbozzato già nei primi mesi del ‘41 e apparso in rivista soltanto nel Marzo dell’anno successivo, l’articolo incontrerà una gestazione editoriale travagliata, che costringerà fra l’altro lo stesso Chiarini a fare pressioni al Ministero “cui ho fatto presente l’assenza di qualsiasi motivo ideologico nell’articolo in questione”.[8]
Lunga e tortuosa anche la sorte di Presentazione postuma di un classico firmata a quattro mani con Viazzi, dove il classico in questione è Uomini sul fondo: rimbalzato a lungo tra Cinema e Bianco e Nero, che lo accoglie con alcune riserve (ventilando una “nota redazionale” mai pubblicata).[9] L’articolo funge da punto di convergenza di alcuni interessi comuni già espressi in altre sedi, da un lato rinnovando l’attenzione per il documentario, d’attualità oppure “lirico”, dall’altro istituzionalizzando l’uso della nozione di “classico” intesa in senso formale, a indicare “l’espressione massima d’uno specifico clima di tecnica e di collaborazione” e uno “stile esaurito, di racconto valido attraverso formule o intuizioni strettamente estetiche”.
Che l’analisi e i giudizi di valore espressi da Casiraghi e Viazzi fossero fortemente condivisi dalla giovane critica cinematografica lo conferma Bando Bandini, collaboratore di Cinema e futuro autore di Ragionamenti sulla scenografia per Il Poligono. Così scrive , a proposito di Presentazione Postuma, a Casiraghi in una lettera del settembre 1942, prontamente “rigirata” a Viazzi: “Voi due avete fatto l’articolo, ma dietro a voi avete trascinati e ‘rappresentati’ inconsapevolmente tutti quelli tra noi che talvolta si arrabbiano, imprecano nel silenzio e s’arrovellano per il cinema, per il nostro cinema perbacco!, facendo poi sempre la figura degli estranei, degli isolati, dei puri (e dei poveri!) di spirito, in questo mondo cinematografico ancora troppo rozzo e volgare, troppo superficiale ed arretrato, assolutamente inconscio della delicatezza ed incisione del latente vigore potenziale della materia da trattare”.[10] Oltre a raccogliere gli appelli al rinnovamento della cinematografia nazionale, Bianco e Nero sarà un banco di prova cruciale per i saggi da includere nella raccolta dei “12 testi rari” progettata con Viazzi. Sondando le disponibilità di diversi editori, i due si rivolgeranno anche a Chiarini e alle Edizioni di Bianco e Nero, il quale approverà l’ipotesi a patto che “i singoli saggi venissero pubblicati – se non nella loro totalità, almeno parzialmente – su BIANCO E NERO, per poi essere raccolti in volume [….] Sarò ben lieto di far precedere tale volume da una mia breve presentazione, dato che conosco ed apprezzo la vostra impegnata serietà di studiosi del cinema”.[11]
ARTICOLI
- A proposito di un film di Duvivier (v. III, n. 12; dic. 1939; pp. 45-49)
- Notti bianche a S. Pietroburgo (v. V, n. 11; nov. 1941; pp. 47-65)
- Nota su Sjostrom e Duvivier (v. VI, n. 3; mar. 1942; pp. 43-53)
- Presentazione postuma di un classico (con Glauco Viazzi) (v. VI, n. 4; apr. 1942; pp. 32-49)
- Interpretazioni di Rebecca (v. VI, n. 10; ott. 1942; pp. 24-35)
- Il traditore, con Glauco Viazzi (v. VI, nn. 11-12; nov.-dic. 1942; pp. 27-49)
[1] Luigi Freddi, “Presentazione”, Bianco e Nero, vol. I, n. 1, 31 Gennaio 1937, pp. 2-3
[2] M. Mida Puccini, “Cinema e antifascismo: testimonianza su una genesi”, in M. Mida Puccini, L. Quaglietti, Dai telefoni bianchi al neorealismo, Laterza, Roma-Bari 1980, p. 275.
[3] Cartolina a Jusik Achrafian, senza data, Busta 25 “Corrispondenza tra Casiraghi, Yusik Achrafian e Marisa (1941, 1942, 1943)”, Fondo Verzegnassi-Casiraghi.
[4] Cartolina a coniugi Casiraghi, 6 aprile, Busta 38 “Corrispondenza tra Ugo e Genitori (1940-1943)”, Fondo Verzegnassi Casiraghi
[5] Lettera a Jusik Achrafian, senza data, Busta 25 “Corrispondenza tra Casiraghi, Yusik Achrafian e Marisa (1941, 1942, 1943)”, Fondo Verzegnassi-Casiraghi.
[6] Come risulta da una lettera in risposta da Pasinetti datata 6/11/39 e conservata in Busta 25 “Corrispondenza con Francesco Pasinetti e Michelangelo Antonioni (1939-41; 1945-1947), Fondo Verzegnassi Casiraghi, dalla quale emerge il ruolo di tramite di Pasinetti tanto con Bianco e Nero che con Cinema.
[7] Lettera di Luigi Chiarini, 12/11/1941, Busta 94 “Quaderni film visti da bambino e altro (1935-1938; 1940-48; 1951-54)”, Fondo Casiraghi-Verzegnassi.
[8] Lettera di Luigi Chiarini, 29/10/41, Busta 94 “Quaderni film visti da bambino e altro (1935-1938; 1940-48; 1951-54)”, Fondo Casiraghi-Verzegnassi.
[9] Lettera di Luigi Chiarini, 23/05/42, Busta 94 “Quaderni film visti da bambino e altro (1935-1938; 1940-48; 1951-54)”, Fondo Casiraghi-Verzegnassi.
[10] Cit. in Lettera a Jusik Achrafian, 12/09/42, Busta 25 “Corrispondenza con Francesco Pasinetti e Michelangelo Antonioni (1939-41; 1945-1947), Fondo Verzegnassi Casiraghi.
[11] Lettera di Luigi Chiarini, 25/3/42, Busta 94 “Quaderni film visti da bambino e altro (1935-1938; 1940-48; 1951-54)”, Fondo Casiraghi-Verzegnassi.