Quindicinale di divulgazione cinematografica (1941-1948)
Le vicende che avvicinano Casiraghi alla rivista diretta prima da Luciano De Feo e successivamente dallo stesso figlio del Duce Vittorio Mussolini sono significative per comprendere i modi con i quali la cultura cinematografica ufficiale chiama a raccolta una nuova leva di adepti. La prima apparizione del nome di Casiraghi sulle pagine del quindicinale risale infatti al numero del 29 Ottobre del 1939 dell’angolo della posta “Capo di Buona Speranza” dove Nostromo (pseudonimo dietro il quale si cela Francesco Pasinetti) risponde alle curiosità dei cinefili: è quest’ultimo a rivelare generalità e recapiti del corrispondente che fino a lì era stato noto ai lettori come “Lo studente di Milano”.[1] “Ti ricordi, mio vecchio Ugo, gli anni bui e faticosi dei nostri esordi? Eravamo sospesi ai fili sottili del Nostromo. Marionette al buio, con un prepotente desiderio di umanità”,[2] gli rammenterà in una lettera dell’11 Febbraio di quattro anni più tardi, Viazzi. Per Casiraghi, la risposta del Nostromo fu il punto d’avvio di una fitta corrispondenza con un altro futuro critico e collaboratore, Corrado Terzi, e di regolari scambi professionali con lo stesso Pasinetti. E’ ancora lui ad accogliere le prime proposte d’articolo di Casiraghi e a “smistarle” ora fra Bianco e Nero ora su Cinema.
Per una serie di coincidenze e contingenze tecniche, l’esordio su quest’ultima si farà attendere fino al gennaio del 1941 con l’articolo Umanità di Stroheim che darà poi il titolo alla sua prima pubblicazione in volumi su Il Poligono – in un’altra lettera a Viazzi, Casiraghi indicherà nello storico dell’arte Arnaldo Beccaria un ulteriore intermediario: “Beccaria è l’uomo che presentò a Gianni [Puccini, redattore della rivista ndr]‘Umanità di Stroheim’ e me”.[3] Con Puccini, e con il suo sostituto Domenico Purificato poi, la corrispondenza proseguirà con toni amicali fino a che il conflitto non costringerà a interrompere le stampe. In quella prima stagione di collaborazioni Casiraghi riprenderà e amplierà per Cinema alcune delle linee di riflessione già inaugurate sulle pagine de Il Popolo di Lombardia – l’interesse per il cinema di Pabst e per le tematiche militari nel cinema fino alla passione per i cortometraggi documentari e “sperimentali”. Con Viazzi firmerà Motivi di rinascita, un’ampia riflessione sul rinnovamento industriale, generazionale ed estetico del cinema italiano che trova i suoi film-manifesto nei soliti Uomini sul fondo, Assedio all’Alcazar e Alfa Tau: l’insistenza sull’estetica dell’immagine documentaria e finanche cinegiornalistica è coerente con la linea editoriale di una rivista che, com’è noto, già in questi anni anticipa e contribuisce a mettere in pratica quelle che saranno le istanze del neorealismo.[4]
Con la ripresa delle uscite nel dopoguerra, dal 1948 in poi, Casiraghi torna a scrivere sulla “nuova serie” per appena un paio di articoli L’ultimo scambio epistolare con la redazione di Cinema risale all’ottobre del 1952, quando il nuovo direttore editoriale Adriano Baracco rimprovera al collega i di aver sistemato “il presente e l’avvenire di Cinema” con una frase del suo articolo su L’Unità – dove effettivamente si leggeva “…la rivista ‘Cinema’ cessava di esistere come rivista indipendente a quel regime che non risponde alle ragioni dell’opposizione” .[5] Baracco argomenta che “se per perdita di libertà intendi la perdita di alcuni collaboratori (amici comuni che conosci benissimo) sarà bene precisare che, per il momento, sono loro ad aver lasciato la rivista e non viceversa”.[6] Oggetto del dibattere è la recente fuoriuscita di Guido Aristarco dal gruppo redazionale, secondo Casiraghi, a un vero e proprio “licenziamento” da ricondursi al “nuovo o, se preferisci, vecchio indirizzo che si applica, e che sembra consistere, da quanto ho potuto constatare finora, nel far tacere chi la pensa diversamente dal regime, togliendogli la possibilità di scrivere”.[7] La polemica ruota intorno al celebre intervento di Giulio Andreotti sul cinema neorealista e sull’atteggiamento riverente della “critica di governo” alla quale, a dire di Casiraghi, apparterebbe anche la nuova serie di Cinema. Non stupirà ritrovarlo, di lì a un anno, a dare man forte ad Aristarco per la rivista da lui fondata, significativamente intitolata Cinema Nuovo.
ARTICOLI
- Umanità di Stroheim (v. VI, n. 110; 25 gen. 1941; pp. 56-57)
- Motivi di rinascita, con G. Viazzi (v. VI, n. 117; 10 mag. 1941; pp. 300-302)
- Cinema e vita militare (v. VI, n. 122; 25 lug. 1941; pp. 57-58)
- Cortimetraggi artistici italiani (v. VII, n. 139; 10 apr. 1942; pp. 185-186)
- L’ultima trilogia di Pabst (v. VII, n. 142; 25 mag. 1942; pp. 271-273)
- Vecchi film in museo: Vampyr (v. VII, n. 148; 25 ago. 1942; pp. 458-460)
- Biblioteca (v. I; n. 2; 10 nov. 1948; p. 62)
- I registi : Edward Dymtryk (v. I, n. 5; 30 dic. 1948; pp. 146-147)
NOTE:
[1] Risposta a C. Terzi, in “Capo di Buona speranza”, Cinema, n. 80, 1939, p. 265. Cfr. Andrea Mariani, Paolo Noto, “Critica e potere nella cultura cinematografica italiana: processi e cicli di consolidamento”.…; vedi anche Alfonso Venturini, “Lettere a Nostromo. La corrispondenza con i lettori della rivista Cinema dal 1937 al 1943”, L’Avventura. International Journal of Italian Film and Media Landscapes, n. 1, 2018, pp. 93-108.
[2] Lettera di Jusik, 11/2/43, Busta 25 Corrispondenza tra Casiraghi, Yusik Achrafian e Marisa (1941, 1942, 1943), Fondo Verzegnassi Casiraghi
[3] Lettera a Jusik Achrafian, 30/04/1942, Busta 44 Corrispondenza tra Ugo, genitori e altri (1941-1942), Fondo Verzegnassi Casiraghi.
[4] Vedi Leonardo Quaresima, “Neorealismo senza” in Renzo Renzi, Mariella Furno (a cura di), Il neorealismo nel fascismo, Edizioni della Tipografia Compositori, Bologna 1984.
[5] Ugo Casiraghi, “I pericoli del Cinema”, L’Unità, 25/10/1952.
[6] Lettera di Adriano Baracco, 24/10/1952, Busta 93 Corrispondenza professionale 1946-47; 1951-1958, Fondo Casiraghi-Verzegnassi.
[7] Lettera ad Adriano Baracco, 30/11/1952, Busta 93 Corrispondenza professionale 1946-47; 1951-1958, Fondo Casiraghi-Verzegnassi.